SHIT & SUBMISSION

Lo desideravo da tanto: Vito arrogantemente seduto in poltrona, vestito solo di calze e scarpe col tacchetto. Tutta la sua bella, tanta carne bianca in vista. La cosa più naturale che mi venne da fare, dinanzi a ciò, fu inginocchiarmi dinanzi ai suoi piedi, in iniziale segno di sottomissione.
 -Leccami il tacco!-imperò Vito, senza troppi preamboli.. 
-Subito, Padrone, grazie Padrone- risposi prontamente io, piacevolmente sorpreso da tanta immediatezza e finalmente lieto d’esser trattato come meritavo. Mi prostrai completamente ai suoi piedi, col volto sulla suola delle scarpe, mentre con la lingua presi a leccargli ripetutamente il tacco. Mentre, con la coda dell’occhio, lo percepivo sopra di me, totalmente dominante. 
-Stenditi al pavimento, cagna!- ordinò in seguito. 
-Sì, mio Padrone- risposi, eseguendo l’ordine impartitomi, mentre sentivo che l’umiliazione e il timore, pian piano cominciavano a rapirmi completamente, e l’eccitazione ad accelerare i miei battiti cardiaci.

Vito si alzò dalla poltrona, le palle gli penzolarono meravigliosamente, mentre la punta del suo bel cazzo duro, brillava umida a contrasto su tutta quella carne bianchissima. Io ero steso, pancia all’aria, sul pavimento. Ero completamente nudo. Nudo sul pavimento come un verme. E come su un verme, con un colpo veloce e secco, Vito mi schiacciò i coglioni sotto il suo tacco. Impallidii dal dolore e istintivamente le mie mani corsero a tentare di ripararmi la zona colpita. Ma invano. Il padrone infierì con un altro colpo di tacco sui coglioni del suo verme. Ero immobilizzato dal dolore. Il dolore mi contorceva lo stomaco fino alla gola e mi rattrappiva gli occhi. Poi un altro calcio, e un altro ancora. Le mie mani stringevano la scarpa calda del Padrone, ma senza opporre resistenza. Avevo lo sguardo annebbiato e non vedevo più nulla. Così, con le forze che mi erano rimaste, provai a mormorare qualcosa tipo “basta, pietà..”, poi aprii gli occhi fino ad allora sbarrati dal dolore! e la vista del Padrone così altero, nudo, potente e arrogante su di me, mi rigonfiò improvvisamente il cazzo. Notai il suo sguardo truce e capii d’aver sbagliato a mormorargli pietà…così raccolsi nuovamente le forze e, dopo avergli implorato perdono per la mia impertinenza, lo ringraziai quattro volte: una per ogni calcio ricevuto.

Alle mie scuse, il Padrone sorrise beffardamente. Poi si girò di spalle, porgendomi il sedere. Il suo culo era enorme. Bianchissimo e nero di peluria odorosa verso l’interno della bocca. Io ero eccitatissimo. Mi sentivo davvero un verme in balìa di un bambino crudele. A causa delle pestate e dall’eccitazione, il cazzo mi tirava dolorosamente, ma non potei far a meno di provare a chiedergli il permesso di limonare col suo culo. Il padrone non proferì parola, ma si accovacciò sul mio viso. Il buco si allargò per bene, lasciando trapelare un odore forte di culo sporco.
Poi mi concesse uno scoreggio sulle labbra e capii che dovevo subirlo: spalancai bene la bocca e iniziai a lavorare con la lingua in quel buco caldo e odoroso. Era ancora a cavalcioni sul mio viso e riprese una serie di scoregge puzzolenti. -Sì Vito, umiliami, concedimi di essere il tuo water, il tuo servo, schiacciami con tutto il tuo bellissimo peso!- pensavo tra me e me. 
Poi, terminata la serie di scoregge, il Padrone si lasciò cadere, con tutto il suo peso, su di me, schiacciandomi completamente il viso con quella enorme massa di chiappe bianchissime. A stento riuscivo a respirare, ma quel poco d’aria che a fatica inspiravo, era pregna di odore di merda. Ero proprio ridotto ad un vero cesso: io sottomesso e il Padrone a imprimermi tutto il suo peso tiranno. 
-Ti piace avermi sopra di te, eh? Pezzo di merda!- aggiunse il Padrone, ironico… 
-Sì, mio Signore!- risposi a malapena, pressato com’ero dal dolce peso delle sue natiche, mentre, soffocante ma estasiato, pensavo: -Sì, Vito, opprimi! Schiacciami!- 
Ero felice, appagato. 
Vito era il proprietario e io il suo umile cesso. 
Ero estasiato: sopra i miei occhi solo il suo sedere bellissimo, aulente e completamente spalancato. Sentivo tutto il suo peso. L’ansia e il timore che prima si alternavano all’eccitazione, avevano lasciato il posto ad un piacere indescrivibile. Analizzavo il mio corpo: era tutto una mappa di dolori. I coglioni mi dolevano ancora, tanto più che erano ormai anche gonfi e premevano per un orgasmo. Così anche il cazzo, per non dire della testa pressata sul pavimento gelido e duro. 
E l’ossigeno: non avevo altro ossigeno che l’odore di merda di Vito. Respiravo la sua merda. La sua merda mi teneva quindi in vita. 
Ero completamente schiacciato e sottomesso. Tutto il peso di quella carne bianca gravava imperativamente sul mio il viso. L’aria calda e fetida delle scoregge mi riempiva la bocca. Ero schiacciato e Vito mi aveva ridotto a wc. Continuò con una nuova serie di scoregge puzzolenti, poi sollevò leggermente il sedere e iniziò a riempirmi di merda. Dal suo buco del sedere, Vito, con un leggero mugolio di sforzo, ne lasciava sgorgare tantissima. Tutta quella merda mi riempiva la bocca e, pressato com’ero dal peso del sedere del Padrone, per non soffocarmi ero costretto a mandarla giù direttamente. Dal buco del sedere di Vito, al mio stomaco. 
E la ingoiavo avidamente, voracemente, cercando di saziarmi il più possibile. Assolutamente sottomesso e umiliato. Lui mi trattava e mi usava da vero cesso, e io lo adoravo. Annaspavo tra la sua merda fetida e godevo a pieno della sua arroganza su di me. Del suo dominio pieno sul suo schiavo cesso. Il padrone mi calpestava ripetutamente a suon di chiappe carnose e sozze e di scariche di merda, e io, sotto, mi sforzavo di subire a più non posso tutto quell’enorme peso, gustando a fondo quel favoloso banchetto di merda odorosa. 
Il padrone mi trattava a scoregge in bocca e io,tutto sottomesso,facevo in modo di riempirmene i polmoni, in modo da trarre la maggiore umiliazione possibile e sentirmi così ancora più sottomesso al suo dominio.
Certo il Padron Vito non poteva però lasciare che il mio godimento di essere stato usato da Lui come seditoio-water restasse impunito. Così, col viso e la bocca ancora pieni e odorosi, fui costretto ad alzarmi, iniginocchiarmi e girarmi di spalle. 
Vito impugnò ben salda una cinghia e, infilatemi in bocca le sue mutande sozze e il tacco di una scarpa per non farmi urlare, mi fustigò a dovere la spalla.
Io inginocchiato, capo e occhi bassi in segno di sottomissione, e Lui, il Padrone, in piedi dietro di me, meravigliosamente a culo e cazzo nudi, a cinghiarmi per bene, dimostrandomi ancora una volta la mia inferiorità e il mio totale assoggettamento a lui. Assaporavo il gusto dolce di quelle cinghiate già dal sibilo violento nell’aria, finchè non percepivo implacabile sulla mia spalla l’impatto del cuoio e della fibbia metallica. E un brivido assoluto di dolore mi percuoteva.
In bocca il sapore delle tanta merda ingoiata e delle mutande sporche. Sul mio corpo il dolore tremendo delle cinghiate: cos’altro potevo desiderare?

Ero davvero succube della potenza del mio Padrone e godevo appieno del mio ruolo.

 

 
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