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Gabbia degli schiavi

IL MARCHIO DELLA GALERA

V PARTE

Il suo sadico carnefice si fermò un’istante ansimando per la concitata performances e nel mentre, guardò la sua livida vittima penzolare dalla catena con un’espressione che tradiva un vigoroso desiderio di sentirsi come mai si era sentito.

-Avanti…

intimò ai due che lo seguivano

-…vediamo cosa mi fate vedere oggi!

E dicendo questo aprì il primo bottone della patta.

Nel  frattempo Stringo e Africa circondarono Vittorio con l’aria di quelli che non sanno bene cosa fare ma che di certo non mancano di mezzi né fantasia.

-Bhe, che ne dite se ‘stavolta vediamo se il signorino ha le palle… per andare avanti?

Propose il più anziano sogghignando in direzione del capitano che ora aveva infilato una mano nei pantaloni come nell’atto di tenere a bada la sua erezione, senza curarsi minimamente che quel suo gesto sarebbe stato più logico nell’intimità della sua stanza o nel bagno, oppure magari sotto la doccia serale, prima di sparire dalla circolazione per il riposo notturno.

-Come vuoi

rispose prontamente

-Basta che ci diamo una mossa, non vorrei destare troppi sospetti di sopra!

Lo apostrofò fingendo di non volere dare troppo nell’occhio.

In realtà era perfettamente conscio del fatto che molte persone sapevano bene cosa accadeva lì sotto e che l’artefice di tutto quel movimento di detenuti, tutti casualmente poco più che ventenni, era lui; e comunque un po’ per spirito di cameratismo un po’ per non rischiare magari un trattamento del genere, nessuno si sarebbe mai fatto passare per la testa di affondare l’argomento anche solo con una qualche semplice domanda o, peggio ancora con qualche allusione: lui in quel caso aveva la piena autorità e  come si dice “carta bianca” sul come raddrizzare certi individui che la vita aveva più o meno gravemente condotto su una cattiva strada.

Stringo fece un cenno ad Africa e questi si dileguò dietro un tavolo ed alcune sedie incastrate una sopra all’altra nell’atto di cercare qualcosa, un qualcosa che evidentemente non trovò.

-Ci sono solo queste oggi.

Disse al compare mostrando delle bottiglie che sembravano essere state dimenticate lì sotto da diversi anni.

-Si? E che fine hanno fatto gli altri arnesi? Vuoi che se li siano mangiati i topi?

-Cazzo ne so! Adesso ci sono queste e queste ti prendi… del resto che differenza fa!

E si avvicinò con le bottiglie a Stringo che nel mentre stava provando a suon di strattoni la resistenza di una corda presa da chissà quale tasca.

Vittorio era ancora appeso al soffitto e gli occhi semi chiusi davano ancora più l’impressione che fosse estraneo a ciò che gli accadeva intorno. Era ancora tutto arrossato e livido e respirava con la bocca semi aperta in un’espressione che sembrava quella di uno che ha avuto tre orgasmi di fila e, non sazio, aspetta il quarto.

-Dai sbrigati, ho davvero voglia di vedere quanto resiste! Ce ne sono altre?

-Si vecchio, altre tre lì dietro!

-Dai allora pendile e portamele; in tanto comincio con queste.

Stringo aveva preparato un nodo scorsoio con lo spago preso chissà dove, ma forse lo aveva in tasca, e chinatosi di fronte Vittorio, lo fece passare intorno ai testicoli di quest’ultimo; si assicurò che fosse arrivato alla radice dello scroto e lo strinse. Vittorio fece una smorfia a denti stretti e le sue narici si dilatarono in una profonda inaspettata inspirazione. Il vecchio, che poi non era davvero così vecchio ma sarebbe potuto benissimo passare per suo nonno, cercò di assicurarsi del grado di elasticità delle sue palle, imprimendo loro qualche strattone verso il basso, cosa che le fece sobbalzare dolorosamente senza che nemmeno Vittorio potesse rendersi subito conto di cosa gli stavano facendo: non aveva mai provato tali sensazioni, dal momento che quelle parti del suo corpo erano sempre più o meno state trattate con la dovuta cautela che meritavano, data la nota dolorabilità che le contraddistingue.

-Carini ‘sti due coglioncini del pischello! Davvero sapete?

E rise verso gli altri buttando prima un’occhiata di scherno al ragazzo.

Africa si avvicinò a lui.

-Si? Fammi vedere… ma si perché negarlo? Ottimi! Si penduli al punto giusto! Ricordi quello stronzo che li aveva stretti stretti attaccati al cazzo? Lì si che non fu facile allungarli?

Vittorio fremè: allungarli? Cosa dicevano?

La mano di Stringo, che stava curvo sul suo pene, aveva sistemato l’altro capo della corda in modo che formasse varie anse. Prese dalle mani di Africa due bottiglie e le ancorò saldamente ai nodi prima ottenuti. Sistemò i colli stringendogli intorno lo spago e le lasciò cadere.

Vittorio emise un grido  per l’inattesa strattonata che i suoi ciglioni avevano subito, questa volta più energica, e mentre le due sudice bottiglie, restate lì a marcire dopo che qualcuno chissà quanto prima le aveva dimenticate, scampanavano urtando l’una contro l’altra.

Stringò colpì una delle due col ginocchio facendole oscillare vistosamente e aumentando il senso di tensione che Vittorio non aveva mai neppure immaginato.

_Ah…

un altro gemito uscì dalla sua bocca quasi senza che lui potesse far nulla per trattenere la smorfia di dolore che gli contrasse il viso.

-Visto capo? E solo per due stronze bottigliette!

Il comandante che sembrava prenderci gusto, come se fino a quel momento avessero soltanto improvvisato una partita a ramino tra amici, sogghignò rivolgendosi a Strigo, continuando a muovere la mano che ora si era spinta proprio dentro le mutande: la sua erezione aveva perso un poco della consistenza ma non sembrava certo accennare a svanire.

Il carnefice prese altre due bottiglie e le fissò nello stesso modo in cui aveva appeso le altre alle palle del ragazzo che, cariche ora di una altro peso, sembravano incredibilmente pesanti e Vittorio che per la prima volta stava assaporando tale situazione, strinse i denti allarmato per il tipo di trattamento che gli stavano riservando temendo che potessero esserci complicazioni. Ma il suo timore sarebbe finito di lì a poco, spazzato via dall’onda di dolore ottenebrante che lo colse dai ciglioni fino ai lombi, forte come quando si riceve un calcio ben assestato da quelle parti ma sicuramente peggiore perché a differenza di questo, era continuo. Africa aveva alzato fin quasi a livello del suo ventre il gravoso carico di vetro legato alle sue palle e lo aveva indifferentemente lasciato cadere.

-Ah! No vi prego, basta!

Si zittirono le risatine compiaciute che avevano accompagnato la manovra.

-Sentito gente? A sua altezza è tornata la voce! Allora non hai perso il fiato signorinella?

Ed un altro spintone fu assestato al pesante carico che oscillo fra le gambe aperte del ragazzo che digrignò i denti dal dolore. Sentiva qualcosa tirare verso il basso che si allungava e si tendeva come se gli stessero estraendo un viscere dall’addome e contemporaneamente un senso di soffocamento generato dalla struttura cui le sue palle stavano andando incontro per la trazione delle corde che spingevano i testicoli in giù, tenacemente adese contro lo scroto, che era completamente arrossato e cianotico al di sotto del punto dove la corda lo stringeva.

-Vediamo se gli piace la giostra!

Propose Africa, e subito impresse alle bottiglie numerosi giri in modo da far attorcigliare la corda sul proprio asse e trascinando con se le palle che cominciarono a torcersi.

Il ragazzo si lamentava vistosamente mentre il suo scroto faceva due, tre, quattro giri su se stesso strozzando le palle che vennero a trovarsi così duramente stirate verso il basso dal peso delle bottiglie e ritorte dai giri della corda. Quando i gemiti di Vittorio cominciarono a farsi più intensi e il colore delle sue palle sembrò raggiungere una tonalità bluastra, Africa lasciò andare la corda che si svolse prima lentamente poi sempre più velocemente per la spinta d’inerzia e tornava ad avvolgersi su se stessa ma nel senso opposto e poi, di nuovo libera tornava a girare nell’altro. Era questa la giostra di cui parlavano! Le palle furono attorcigliate cinque o sei volte in due sensi opposti e contemporaneamente tirate dal carico che certamente non accennava a diminuire.

Alla fine del gioco Stringo osservò alcuni segni rossi nelle zone che erano state attorcigliate e notò che in alcuni punti la pelle aveva ceduto e le palle apparivano ora più pendule di quanto non lo fossero prima.

-Cazzo questa volta si che mi è riuscito un piccolo capolavoro! Vero capo? Dia un occhiata

e mentre aveva ancora in mano le palle di Vittorio e le soppesava infliggendogli dei colpetti qua e là per vedere come se la cavava ora il ragazzo dopo le pesanti prove, si rivolse verso il comandante ancora seduto; ma questi non lo curò di un minimo cenno d’attenzione. Stava con il la bocca semi aperta e gli occhi chiusi rivolto leggermente vero l’alto respirando intensamente, sudato e piuttosto congesto in volto; tutto era accaduto alle sue spalle e abbastanza in fretta così che Stringo non aveva  fatto caso a tutto, ma capì ugualmente quando entro una frazione di secondo vide alcuni schizzi densi e biancastri esplosero da qualcosa di scuro e tozzo che l’uomo seduto teneva stretto nella mano destra, ripiombando al suolo a circa un metro di distanza da lui. Il suo lavoretto aveva fatto centro: il comandante si era tirato una sega durante lo spettacolino che aveva visto protagonisti i coglioni di Vittorio, e adesso stava copiosamente sborrando incurante di chi aveva intorno, e come non faceva da qualche giorno, almeno a giudicare dall’abbondanza dei suoi schizzi.

CONTINUA

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